Da queste
parti, le nostre parti, ma non solo dalle nostri parti, basta guardarsi
intorno: il paesaggio è un paesaggio costruito nei secoli dalla
mano dell’uomo. Non c’è angolo, di campagna e di
pianura, che nei secoli non è modifi cato e disegnato dalle mani
di un architetto: o di un contadino. Case, coloniche, pievi, muretti a
secco, vigne, frutteti, borghi, oliveti, orti, piazze, strade, ponti.
Giardini e parchi, monumenti e palazzi, opere d’arte sotto la
volta del cielo: all’aperto. Il sapere e la bellezza a portata di
mano.
E di occhi. Campagna e città, boschi e palazzi: un
tutt’uno che l’uomo da sempre ha guardato come elementi per
costruire quell’equilibrio ed armonia dentro i quali poter vivere
al meglio. Per dirla con le parole di James Hillman “Il modo in
cui immaginiamo le nostre città, il modo in cui progettiamo i
loro scopi, i loro valori, e aumentiamo la loro bellezza, defi nisce il
sé di ciascuna persona di quella città, perché la
città è l’esibizione tangibile dell’anima
comunitaria” (Politica della bellezza). Così, molti secoli
dopo il Rinascimento, torna l’idea –anzi il bisogno di un
nuovo “nascimento”. La proposta, intraprendente, viene
lanciata da Mario Cristiani, gallerista ed organizzatore
dell’associazione Arte Continua, al mondo delle istituzioni
–comuni, province e regione- ed agli imprenditori: realizzare un
“distretto artistico-tecnologico-ambientale”. Realizzare un
Rinascimento Nascimento che, nell’era del dominio appunto
tecnologico, riporti ad unitarietà -sotto la capacità
dell’uomo di creare ed inventare- arte, industria e
paesaggio.Intanto, in questo circuito virtuoso di rinnovata attenzione
alla funzione dell’arte nello spazio pubblico, in questo caso nel
paesaggio, il parco-galleria di Poggio Valicaia cresce. Con Fontana
Arbitraria di Gilberto Zorio sono sette le opere ospitate
dall’inizio del progetto.
E, val la pena ricordarlo, si tratta di un’esperienza, questa,
del tutto pubblica, basata sull’ iniziativa
dell’amministrazione comunale di Scandicci; che, per farla
decollare ha usufruito sì di fondi europei, ma per continuarla
sta contando essenzialmente su risorse proprie.Vinta la scommessa
–nonostante gli scetticismi della prim’ora e certe
polemiche che ancora, qua e là, affi orano (alcuni dicono che
meglio sarebbe spendere per conservare il patrimonio del passato
anziché, come nel caso, promuovere la creatività del
presente e guardare, quindi, al futuro: nascimento, appunto!)- il
sindaco ed il presidente di Scandicci Cultura non possono adesso che
pensare oltre, aprire tutti i possibili canali –pubblici e
privati- di relazioni e finanziamenti per far sì che il Parco di
Poggio Valicaia, insieme ad una rete di altri interventi ispirati dalla
medesima intenzione culturale, sia tra i motori di Rinascimento
Nascimento.
Come allora arte, mestieri, economia, manifattura, artigianato, finanza
furono i motori di una stagione straordinaria, così oggi arte,
scienza, tecnologia e sensibilità ambientali possono –anzi
debbono- mettersi nuovamente in gioco. Da qui la necessità di
adeguare il progetto originario per metterlo a fuoco inquadrando la
nuova prospettiva. Ed individuando, insieme ai partner, una
specificità di proposta artistica dentro un condiviso e comune
disegno politico e culturale.
DOMUS VALICAIA
Fino al 2003 era soltanto un rudere di casa
colonica sulla sommità del poggio. Quando, nella precedente
legislatura, iniziò a prender forma il progetto di ospitare -
nei 68 ettari di parco donati nel 1979 al Comune di Scandicci da Cesare
Marchi - opere di arte ambientale, si affermò anche l’idea
di ristrutturare quell’edifi cio semidistrutto, per farne un
centro per mostre, manifestazioni, incontri. I lavori adesso sono
terminati, e la Domus Valicaia, così è stata chiamata
l’ex casa colonica, da domenica 25 giugno 2006 fi no a settembre
ospita una mostra di Gilberto Zorio, artista biellese del quale, sempre
nel Parco, è stata inaugurata anche l’opera “Fontana
Arbitraria”.
I lavori per il recupero del rudere di casa colonica iniziarono tre
anni fa, con un primo lotto di interventi per opere provvisionali,
necessarie a poter accedere all’interno dell’edifi cio.
“Fu in quella fase – racconta il progettista, architetto
Andrea Martellacci – che si consolidò il progetto del
Parco d’arte ambientale di Poggio Valicaia”, e con esso
l’idea di farne diventare la colonica punto centrale, per mostre
temporanee, conferenze, incontri, manifestazioni culturali, per il
nostro territorio ed anche per quello fi orentino. “Le superfi ci
fi nestrate sono state ottenute anche dalle parti non ricostruite delle
mura distrutte – prosegue Martellacci – come memoria e come
quadro di confronto tra la natura fuori e le opere d’arte
all’interno. Trovandosi come posizione alla sommità del
Poggio di Valicaia, la Domus si affaccia con un lato verso la Val di
Pesa, ovvero verso un sistema naturale che richiama già la
Maremma Pisana, con odori e suggestioni mediterranei; con l’altro
dà invece le spalle alla Valle dell’Arno, più
antropizzata: è un luogo dove si avverte che l’uomo si
è conquistato un passaggio”.
Per quanto riguarda il restauro, la tecnica evidenzia il contrasto tra
la conservazione delle parti in muratura ed acciottolato e quelle
rifatte ex novo, intonacate. Gli ambienti interni della Domus Valicaia
sono stati pensati come spazi aperti, passanti, con pareti libere. I
collegamenti tra piani sono stati ottenuti con scale indipendenti, una
in pietra arenaria locale, l’altra in corten. L’uso del
cotto e del legno di castagno per le travi hanno esaltato le memorie
della casa contadina, com’era in origine. A piano terra sono
stati realizzati servizi accessibili ai disabili. Gli impianti termici
sono stati rimandati volutamente ad un secondo tempo: l’idea, una
vera e propria sfi da intellettuale, è quella di far realizzare
un’opera contemporanea che funga al tempo stesso da sistema di
raffreddamento e riscaldamento degli ambienti interni, utilizzando
fonti alternative; una sintesi, in pratica, tra arte e tecnologia, a
favore della natura.
GLI ARTISTI DEL PARCO
DARIO BARTOLINI (Trieste 1943). Architetto. Tra
il 1965-1973 produce macchine e installazioni sonore reattive alla luce
e interattive. Dal 1967 al 1973 membro di Archizoom, gruppo fi orentino
di architettura di avanguardia. Dal 1973 al 1989 compie esperienze di
innovazione e progettazione di strumenti didattici. Dal 1992 inizia a
lavorare col tondino di ferro e di vetro: opere appese, sospese, infi
sse in parete, ma soprattutto adattate al suolo o alla superfi cie
dell’acqua. I lavori sono destinati a luoghi specifi ci e ad un
confronto con l’ambiente e spesso eseguiti e prodotti sul luogo
stesso, in laboratori stabili o improvvisati. Vive ad Impruneta.
MARIA DOMPÈ (Fermo 1959) Dopo aver
frequentato il liceo artistico, si è diplomata in scultura
all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1982. Dal 1985 inizia a
esporre in spazi pubblici. I suoi interventi ambientali hanno
interessato molti spazi e luoghi storici e simbolici di Roma, dal
Campidoglio ai Fori Imperiali; le sinagoghe di Roma e Berlino; il John
F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington. Ha esposto
alla Biennale internazionale di scultura di Carrara ed alla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Interpreta la cultura dello
spazio e l’impegno civile, due risvolti di un unico percorso
artistico che si fondono elaborando una visione spirituale
dell’arte.
ITALO ZUFFI (Imola 1969). Nel 1993 si diploma
all’ Accademia di Belle Arti di Bologna. Si specializza
acquisendo nel 1997 il Master in Fine Art al Central Saint Martins
College of Art & Design di Londra e nel 2002 il Fellowship in Fine
Art all’Institute of Art & Design di Birmingham. Le sue opere
sono state esposte a Birmingham, Berlino, Colonia, Imola, San
Gimignano, Londra, Padova, Bologna.
PAOLO STACCIOLI (Scandicci 1943). Si dedica alla
pittura fi n da giovane e la sua prima mostra è del 1973. Dalla
fi ne degli anni ottanta si interessa alla ceramica, frequentando una
nota bottega faentina e mettendo a punto una particolare versione della
tecnica della cottura in riduzione. Dalla metà degli anni
novanta i putti, i cavalli ed i guerrieri, soggetti privilegiati di
Staccioli, approdano alle forme scultoree. Ha partecipato a diverse
edizioni della Biennale di Faenza. Nel 1999 è stato invitato al
Festival Internazionale della ceramica di Aberystwyth (Galles) e ha
partecipato al Ceramic Millenium di Amsterdam. Oltre 40 sono state le
sue mostre personali, in Italia ed Europa. L’ultima è
stata ospitata nel prestigioso Museo delle ceramiche in Palazzo Pitti,
a Firenze.
VALENTINO MORADEI GABBRIELLI (Scandicci 1959)
è continuatore di una bottega fi orentina di scultori, la
“Bottega Fantacchiotti-Gabbrielli” che ha quali capostipite
nell’ottocento Odoardo Fantacchiotti (1811–1877) e
Donatello Gabbrielli (1884-1955). Compie gli studi presso il Liceo
Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Partecipa
(1981-1983) alla missione archeologica italiana di Hierapolis di Frigia
in Turchia, dove lavora come restauratore di marmi antichi; tiene
successivamente un corso di restauro di scultura antica presso il Museo
Archeologico Nazionale di Izmir. Tornato in Italia, dal 1984 si dedica
all’insegnamento, attualmente è titolare di cattedra di
discipline plastiche e educazione visiva presso l’Istituto
Statale d’Arte di Firenze, ed alla scultura. Espone in Italia ed
all’estero, aggiudicandosi importanti riconoscimenti.
GILBERTO ZORIO (Adorno Micca, Biella, 1944). Vive e
lavora a Torino. Protagonista del rivoluzionario movimento formatosi a
metà degli anni Sessanta in Italia, denominato Arte Povera,
Zorio pone in primo piano metamorfosi e alchimie, esplorando nel suo
lavoro fenomeni naturali di trasformazione come l’evaporazione o
l’ossidazione e il loro effetto sui materiali. Da sempre
l’idea di energia è la costante che attraversa la sua
opera, privilegiando un’arte che si rivela nel suo farsi.
L’attenzione rivolta all’elettricità lo porta a
incorporare nei suoi lavori lampade, incandescenze, fosforescenze;
altrove utilizza stelle e giavellotti, forme archetipiche comunque
evocatrici di energia. La sua scultura predilige materiali fragili, da
cui emergono gigantesche stelle acciaiose o alambicchi in pyrex,
contenenti soluzioni liquide in bilico su sottili giavellotti
d’acciaio: sospendendo questi elementi in installazioni
volutamente precarie, l’artista parla delle tensioni e della
caducità del mondo fi sico e chimico mentale. Dal 1967 partecipa
alle principali mostre dell’Arte Povera. Numerose le mostre
personali e collettive che ha tenuto nei più importanti centri
d’arte del mondo: Kunstverein di Stoccarda, Centre d’Art
Contemporain di Ginevra, Centre Georges Pompidou di Parigi,
Philadelphia Tyler School of Art, Fundaçao de Serralves di
Oporto, Istituto Valenciano de Arte Moderna di Valencia, Centro per
l’Arte Contemporanea Pecci di Prato, Documenta di Kassel, Dia
center for the arts di New York, Institut Mathildenhöhe di
Darmstadt, Sonnabend Gallery di New York.
[A cura di Claudio Armini e Matteo Gucci]
|