PRIMO PIANO
IN ARTE, VALICAIA

Da sinistra: la Domus Valicaia prima e dopo il restauro.
Al centro: la mostra di Gilberto Zorio e la sua opera “Fontana arbitraria”. A destra: opere di Italo Zuffi e Valentino Moradei Gabbrielli.


Una nuova opera è stata installata nel Parco. La diroccata colonica in cima al poggio completamente recuperata: anzi reinventata Domus Valicaia. Ora, il progetto di fare del Parco una galleria d’arte all’aperto, non è più solo una scommessa. Ma una realtà alla quale iniziano a guardare con interesse anche qualifi cati operatori impegnati, insieme alle istituzioni, a far rivivere quello straordinario rapporto tra paesaggio ed arte che da sempre ha segnato la storia dell’uomo, della natura, delle città: un Rinascimento-Nascimento del ventunesimo secolo.


Da queste parti, le nostre parti, ma non solo dalle nostri parti, basta guardarsi intorno: il paesaggio è un paesaggio costruito nei secoli dalla mano dell’uomo. Non c’è angolo, di campagna e di pianura, che nei secoli non è modifi cato e disegnato dalle mani di un architetto: o di un contadino. Case, coloniche, pievi, muretti a secco, vigne, frutteti, borghi, oliveti, orti, piazze, strade, ponti. Giardini e parchi, monumenti e palazzi, opere d’arte sotto la volta del cielo: all’aperto. Il sapere e la bellezza a portata di mano.
E di occhi. Campagna e città, boschi e palazzi: un tutt’uno che l’uomo da sempre ha guardato come elementi per costruire quell’equilibrio ed armonia dentro i quali poter vivere al meglio. Per dirla con le parole di James Hillman “Il modo in cui immaginiamo le nostre città, il modo in cui progettiamo i loro scopi, i loro valori, e aumentiamo la loro bellezza, defi nisce il sé di ciascuna persona di quella città, perché la città è l’esibizione tangibile dell’anima comunitaria” (Politica della bellezza). Così, molti secoli dopo il Rinascimento, torna l’idea –anzi il bisogno di un nuovo “nascimento”. La proposta, intraprendente, viene lanciata da Mario Cristiani, gallerista ed organizzatore dell’associazione Arte Continua, al mondo delle istituzioni –comuni, province e regione- ed agli imprenditori: realizzare un “distretto artistico-tecnologico-ambientale”. Realizzare un Rinascimento Nascimento che, nell’era del dominio appunto tecnologico, riporti ad unitarietà -sotto la capacità dell’uomo di creare ed inventare- arte, industria e paesaggio.Intanto, in questo circuito virtuoso di rinnovata attenzione alla funzione dell’arte nello spazio pubblico, in questo caso nel paesaggio, il parco-galleria di Poggio Valicaia cresce. Con Fontana Arbitraria di Gilberto Zorio sono sette le opere ospitate dall’inizio del progetto.
E, val la pena ricordarlo, si tratta di un’esperienza, questa, del tutto pubblica, basata sull’ iniziativa dell’amministrazione comunale di Scandicci; che, per farla decollare ha usufruito sì di fondi europei, ma per continuarla sta contando essenzialmente su risorse proprie.Vinta la scommessa –nonostante gli scetticismi della prim’ora e certe polemiche che ancora, qua e là, affi orano (alcuni dicono che meglio sarebbe spendere per conservare il patrimonio del passato anziché, come nel caso, promuovere la creatività del presente e guardare, quindi, al futuro: nascimento, appunto!)- il sindaco ed il presidente di Scandicci Cultura non possono adesso che pensare oltre, aprire tutti i possibili canali –pubblici e privati- di relazioni e finanziamenti per far sì che il Parco di Poggio Valicaia, insieme ad una rete di altri interventi ispirati dalla medesima intenzione culturale, sia tra i motori di Rinascimento Nascimento.
Come allora arte, mestieri, economia, manifattura, artigianato, finanza furono i motori di una stagione straordinaria, così oggi arte, scienza, tecnologia e sensibilità ambientali possono –anzi debbono- mettersi nuovamente in gioco. Da qui la necessità di adeguare il progetto originario per metterlo a fuoco inquadrando la nuova prospettiva. Ed individuando, insieme ai partner, una specificità di proposta artistica dentro un condiviso e comune disegno politico e culturale.


DOMUS VALICAIA

Fino al 2003 era soltanto un rudere di casa colonica sulla sommità del poggio. Quando, nella precedente legislatura, iniziò a prender forma il progetto di ospitare - nei 68 ettari di parco donati nel 1979 al Comune di Scandicci da Cesare Marchi - opere di arte ambientale, si affermò anche l’idea di ristrutturare quell’edifi cio semidistrutto, per farne un centro per mostre, manifestazioni, incontri. I lavori adesso sono terminati, e la Domus Valicaia, così è stata chiamata l’ex casa colonica, da domenica 25 giugno 2006 fi no a settembre ospita una mostra di Gilberto Zorio, artista biellese del quale, sempre nel Parco, è stata inaugurata anche l’opera “Fontana Arbitraria”.
I lavori per il recupero del rudere di casa colonica iniziarono tre anni fa, con un primo lotto di interventi per opere provvisionali, necessarie a poter accedere all’interno dell’edifi cio. “Fu in quella fase – racconta il progettista, architetto Andrea Martellacci – che si consolidò il progetto del Parco d’arte ambientale di Poggio Valicaia”, e con esso l’idea di farne diventare la colonica punto centrale, per mostre temporanee, conferenze, incontri, manifestazioni culturali, per il nostro territorio ed anche per quello fi orentino. “Le superfi ci fi nestrate sono state ottenute anche dalle parti non ricostruite delle mura distrutte – prosegue Martellacci – come memoria e come quadro di confronto tra la natura fuori e le opere d’arte all’interno. Trovandosi come posizione alla sommità del Poggio di Valicaia, la Domus si affaccia con un lato verso la Val di Pesa, ovvero verso un sistema naturale che richiama già la Maremma Pisana, con odori e suggestioni mediterranei; con l’altro dà invece le spalle alla Valle dell’Arno, più antropizzata: è un luogo dove si avverte che l’uomo si è conquistato un passaggio”.
Per quanto riguarda il restauro, la tecnica evidenzia il contrasto tra la conservazione delle parti in muratura ed acciottolato e quelle rifatte ex novo, intonacate. Gli ambienti interni della Domus Valicaia sono stati pensati come spazi aperti, passanti, con pareti libere. I collegamenti tra piani sono stati ottenuti con scale indipendenti, una in pietra arenaria locale, l’altra in corten. L’uso del cotto e del legno di castagno per le travi hanno esaltato le memorie della casa contadina, com’era in origine. A piano terra sono stati realizzati servizi accessibili ai disabili. Gli impianti termici sono stati rimandati volutamente ad un secondo tempo: l’idea, una vera e propria sfi da intellettuale, è quella di far realizzare un’opera contemporanea che funga al tempo stesso da sistema di raffreddamento e riscaldamento degli ambienti interni, utilizzando fonti alternative; una sintesi, in pratica, tra arte e tecnologia, a favore della natura.


GLI ARTISTI DEL PARCO

DARIO BARTOLINI
(Trieste 1943). Architetto. Tra il 1965-1973 produce macchine e installazioni sonore reattive alla luce e interattive. Dal 1967 al 1973 membro di Archizoom, gruppo fi orentino di architettura di avanguardia. Dal 1973 al 1989 compie esperienze di innovazione e progettazione di strumenti didattici. Dal 1992 inizia a lavorare col tondino di ferro e di vetro: opere appese, sospese, infi sse in parete, ma soprattutto adattate al suolo o alla superfi cie dell’acqua. I lavori sono destinati a luoghi specifi ci e ad un confronto con l’ambiente e spesso eseguiti e prodotti sul luogo stesso, in laboratori stabili o improvvisati. Vive ad Impruneta.
MARIA DOMPÈ (Fermo 1959) Dopo aver frequentato il liceo artistico, si è diplomata in scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1982. Dal 1985 inizia a esporre in spazi pubblici. I suoi interventi ambientali hanno interessato molti spazi e luoghi storici e simbolici di Roma, dal Campidoglio ai Fori Imperiali; le sinagoghe di Roma e Berlino; il John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington. Ha esposto alla Biennale internazionale di scultura di Carrara ed alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Interpreta la cultura dello spazio e l’impegno civile, due risvolti di un unico percorso artistico che si fondono elaborando una visione spirituale dell’arte.
ITALO ZUFFI (Imola 1969). Nel 1993 si diploma all’ Accademia di Belle Arti di Bologna. Si specializza acquisendo nel 1997 il Master in Fine Art al Central Saint Martins College of Art & Design di Londra e nel 2002 il Fellowship in Fine Art all’Institute of Art & Design di Birmingham. Le sue opere sono state esposte a Birmingham, Berlino, Colonia, Imola, San Gimignano, Londra, Padova, Bologna.
PAOLO STACCIOLI (Scandicci 1943). Si dedica alla pittura fi n da giovane e la sua prima mostra è del 1973. Dalla fi ne degli anni ottanta si interessa alla ceramica, frequentando una nota bottega faentina e mettendo a punto una particolare versione della tecnica della cottura in riduzione. Dalla metà degli anni novanta i putti, i cavalli ed i guerrieri, soggetti privilegiati di Staccioli, approdano alle forme scultoree. Ha partecipato a diverse edizioni della Biennale di Faenza. Nel 1999 è stato invitato al Festival Internazionale della ceramica di Aberystwyth (Galles) e ha partecipato al Ceramic Millenium di Amsterdam. Oltre 40 sono state le sue mostre personali, in Italia ed Europa. L’ultima è stata ospitata nel prestigioso Museo delle ceramiche in Palazzo Pitti, a Firenze.
VALENTINO MORADEI GABBRIELLI (Scandicci 1959) è continuatore di una bottega fi orentina di scultori, la “Bottega Fantacchiotti-Gabbrielli” che ha quali capostipite nell’ottocento Odoardo Fantacchiotti (1811–1877) e Donatello Gabbrielli (1884-1955). Compie gli studi presso il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Partecipa (1981-1983) alla missione archeologica italiana di Hierapolis di Frigia in Turchia, dove lavora come restauratore di marmi antichi; tiene successivamente un corso di restauro di scultura antica presso il Museo Archeologico Nazionale di Izmir. Tornato in Italia, dal 1984 si dedica all’insegnamento, attualmente è titolare di cattedra di discipline plastiche e educazione visiva presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, ed alla scultura. Espone in Italia ed all’estero, aggiudicandosi importanti riconoscimenti.
GILBERTO ZORIO (Adorno Micca, Biella, 1944). Vive e lavora a Torino. Protagonista del rivoluzionario movimento formatosi a metà degli anni Sessanta in Italia, denominato Arte Povera, Zorio pone in primo piano metamorfosi e alchimie, esplorando nel suo lavoro fenomeni naturali di trasformazione come l’evaporazione o l’ossidazione e il loro effetto sui materiali. Da sempre l’idea di energia è la costante che attraversa la sua opera, privilegiando un’arte che si rivela nel suo farsi. L’attenzione rivolta all’elettricità lo porta a incorporare nei suoi lavori lampade, incandescenze, fosforescenze; altrove utilizza stelle e giavellotti, forme archetipiche comunque evocatrici di energia. La sua scultura predilige materiali fragili, da cui emergono gigantesche stelle acciaiose o alambicchi in pyrex, contenenti soluzioni liquide in bilico su sottili giavellotti d’acciaio: sospendendo questi elementi in installazioni volutamente precarie, l’artista parla delle tensioni e della caducità del mondo fi sico e chimico mentale. Dal 1967 partecipa alle principali mostre dell’Arte Povera. Numerose le mostre personali e collettive che ha tenuto nei più importanti centri d’arte del mondo: Kunstverein di Stoccarda, Centre d’Art Contemporain di Ginevra, Centre Georges Pompidou di Parigi, Philadelphia Tyler School of Art, Fundaçao de Serralves di Oporto, Istituto Valenciano de Arte Moderna di Valencia, Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato, Documenta di Kassel, Dia center for the arts di New York, Institut Mathildenhöhe di Darmstadt, Sonnabend Gallery di New York.
[A cura di Claudio Armini e Matteo Gucci]


  • Le opere nel Parco:
    Cavallo e cavaliere di Paolo Staccioli
    Uccello e Plein air di Dario Bartolini
    Gaia a walk for life charter for environmental planetary urgencies di Maria Dompè
    Territorio di Italo Zuffi
    Umanità di Valentino Moradei Gabbrielli
    Fontana arbitraria di Gilberto Zorio