“Per Castelpulci è ora che la Provincia decida”
Villa Castelpulci è uno di quei contenitori prestigiosi la cui destinazione futura è ancora irrisolta. Negli anni sono state avanzate diverse proposte, tutte bocciate o rimaste sulla carta. La Villa intanto rimane abbandonata e si deteriora sempre più. La Provincia, proprietaria dell’immobile, che in una recente lettera a La Nazione ha riacceso la polemica, è ora che prenda una decisione precisa e chiara.
A sinistra Giovanni Doddoli, Sindaco di Scandicci
Con rituale scadenza si ripresenta il tormentone di Villa Castelpulci. Il suo futuro è tuttora indefinito, ed ogni volta si riparte sempre da zero. Esperti o meno esperti a turno si ergono a “soloni” e sentenziano bocciature e scomuniche per chi, precedentemente, ha avanzato qualche ipotesi di soluzione. Mai che, da quei versanti sapienti ed autorevoli, sia venuta però una proposta che sia una. Solo stroncature per chi si è sforzato di dire “si potrebbe fare questo o quest’altro”.

Nel ‘95, per esempio, noi suggerimmo che in quella struttura poteva essere localizzata la Scuola Regionale per le Polizie Municipali, le Guardie Forestali, le Guardie Ecologiche, le Guardie Venatorie, i Vigili Sanitari, tutto quell’insieme di operatori il cui compito è il controllo del territorio: un obiettivo per altro già fissato da una legge, ancor oggi non risolto e tuttavia da tutti riconosciuto di evidente necessità. Una castroneria?

Nessuno ha mai detto perché. Ancora. Abbiamo proposto di collocare a Villa Castelpulci un Museo Nazionale dello Sport. In questo caso la competenza sarebbe dello stesso Ministero che ha tuttora in comodato l’edificio. Senza impegni di prospettive anche se finanziasse il 50% delle spese di restauro farebbe molto meno di quanto potrebbe e dovrebbe fare. Nel mezzo abbiamo assistito a quella inutile perdita di tempo che è stata la partita del Museo Etrusco, alla legittima e per niente insensata proposta di Casinò ed alla eventuale proposta di vendita a privati che, puntando ad una destinazione turistica e recettiva, consentisse di reinvestire nell’acquisto a Scandicci di un altro bene di pregio monumentale.

Su tutte queste possibili strade da percorrere sono state prodotte carte e documenti e convocati incontri ai massimi livelli. Ma dopo cinque anni nessuno studio serio di fattibilità è stato realizzato per dire che era preferibile una funzione ad un’altra. Si è invece pervicacemente privilegiato sempre il raggiungimento di un solo ma insufficiente obiettivo: primo, restaurare! Ma per farci cosa? Forse che un restauro vale l’altro ? Allora, prima di riaprire una girandola di interventi sui giornali alla quale non possiamo esimerci dal partecipare, chiedo pubblicamente solo una cosa: che il Consiglio Provinciale entro il 2000 si pronunci definitivamente sul futuro dell’ex manicomio e soprattutto si lavori evitando di restare prigionieri nel cul de sac di una “destinazione culturale ad ogni costo”.

Quale cultura per quali bisogni?
di Stefano De Martin, Direttore della Istituzione Servizi Culturali del Comune di Scandicci

La politica culturale è uno dei temi su cui, da anni, le forze politiche si confrontano e scontrano.
Su questo giornale se ne è parlato spesso, ed ultimamente l’argomento è stato affrontato in occasione della discussione
e del voto sul Bilancio di Previsione del 2000. A seguito di quel dibattito riportato nel numero
di marzo di Città Comune Notizie ci ha scritto Stefano De Martin, direttore dell’Istituzione Cultura. Questo il suo contributo.


La discussione sui finanziamenti comunali alla cultura, riportata nel numero di marzo del giornale, è contrassegnata, a mio avviso, da preoccupazioni ideologiche. C’è chi sostiene che Scandicci, come pezzo periferico di Firenze (una delle capitali mondiali della cultura), debba fare da cassa di risonanza di quanto viene offerto oltre il viale Nenni: gli operatori locali dovrebbero, in qualche modo, preparare il terreno favorevole per la fruizione delle iniziative realizzate altrove. Altri sostengono che Scandicci, città contemporanea per eccellenza (il suo profilo odierno si è disegnato solo 40 anni fa), debba fare i conti con nuovi linguaggi, debba misurarsi più con quello che ancora non c’è piuttosto che con quello che c’è stato altrove, debba lavorare sull’erranza dei suoi cittadini.

Negli anni ’80 e ’90 la città di Scandicci ha fatto grandi sforzi in questo senso, accogliendo la sfida dell’innovazione e della sperimentazione. Era necessario, negli anni passati, fare una scelta di campo, e come tutte le scelte di campo si è determinato un clima, intorno a questi temi, di contrapposizione ideologica più che di pacata riflessione sugli obiettivi e sui risultati concreti raggiunti. Oggi assistiamo, nei fatti, ad un salto di qualità dei problemi e dei riferimenti culturali che sente simili discussioni, del tipo “nero/bianco”, come semplici soprammobili.

Percepiamo chiaramente che molti dei nostri riferimenti sono inutilizzabili: ci è richiesta, invece, una forte consapevolezza critica della realtà, da costruire sull’oggi, da validare sulla capacità di risolvere i problemi inediti della nostra quotidianità. Ritengo che la cultura, aldilà dei suoi legittimi riferimenti ricreativi (le rose dopo il pane), debba essere considerata a pieno titolo il nuovo “fattore produttivo” (il pane delle rose), il motore di una civiltà centrata sull’informazione e sulla comunicazione (beni cosiddetti “immateriali”). Su questi piani si deve collocare, a mio avviso, la discussione sulle strategie culturali da perseguire attraverso gli investimenti pubblici.

PS. Lanciamo un’idea semplice: utilizzare la rete per riflettere e discutere di cultura nell’area fiorentina (informare, promuovere iniziative, elaborare e confrontare progetti, lanciare provocazioni, conoscere nuovi soggetti e realtà, etc.). La mailing list “idea” vuole dare un contributo alla comunità fiorentina che lavora sul cambiamento culturale; intende sintonizzare sensibilità innovative; cerca di provocare le intelligenze e le burocrazie. Per partecipare alla discussione e leggere gli altri, bisogna iscriversi spedendo un messaggio a:
minordomo@scandiccicultura.org e scrivere nel subject o oggetto: subscribe idea (tutto minuscolo).

Vorrei il permesso di costruire una casetta
di Lucia Oliva
Signor Sindaco, sono una bambina di dieci anni e vorrei il permesso di costruire una casetta.
Mio padre mi ha detto di rivolgermi a lei.
Questa casetta la vorrei costruire in un pezzo di terra che io ho. Mi dia una risposta al più presto.

Cara Lucia, la tua lettera e la tua richiesta così semplici in realtà affrontano un problema molto complesso perché non basta avere un pezzo di terra per poter costruire una casa. Se così fosse le case ed i palazzi spunterebbero come funghi e dove capita. Pensa che uno potrebbe costruire in mezzo ad un bosco, oppure sulla spiaggia del mare. Per evitare che questo succeda bisogna stabilire una regola, e dire a tutti dove e cosa si può costruire. In alcune zone si possono fare le case, in altre le fabbriche, in altre le strade, in altre niente. Ci sono per esempio terreni dove sarebbe pericoloso costruire una casa perché magari sono franosi. Comunque se il terreno dove tu vorresti farti una casa è in una zona dove questo è possibile non c’è da chiedere nessun permesso speciale al Sindaco, ma basta seguire le regole che già ci sono. Tuo padre, ed ogni persona che ha un terreno e vuole sapere cosa può o non può costruirci sopra, non deve fare altro che venire in Comune, all’ Ufficio Urbanistica e chiedere informazioni. Spero di essere stato chiaro e che tu possa costruire la tua casa come la desideri.
Giovanni Doddoli