CAMBIAMENTI


Chi li sostiene, chi li contesta. Chi accusa l’amministrazione di star stravolgendo la città. Chi crede in questa scelta. Oggi la discussione che anima e divide ha al centro gli interventi in corso in piazza Matteotti ed al Palazzo Comunale, e quelli futuri, dalla tranvia al progetto dell’architetto Rogers. In realtà si scontrano due punti di vista, due idee della città, una più tradizionale e conservatrice, l’altra innovatrice, tesa al cambiamento e proiettata nel futuro. La prima teme di perdere la tranquillità quotidiana, le coordinate spaziali, le abitudini interiorizzate. La seconda ritiene che la trasformazione della città sia l’unica strada percorribile per dare nuova vita, nuove prospettive, nuova ricchezza alla collettività ed alle generazioni future.
E' sotto gli occhi di tutti. Scandicci è nel pieno di una importante fase di innovazione e cambiamento: che oggi ha il volto dei numerosi interventi architettonici, alcuni in corso ed in via di ultimazione, altri soltanto disegni e progetti che vedranno la luce nei prossimi mesi ed anni. I cittadini sanno bene quanto sta accadendo. Sono stati informati da questo giornale e dagli altri organi di stampa. L’amministrazione ha mostrato loro, durante le ultime edizioni della Fiera, le diverse opere che saranno realizzate. Durante la fase di stesura del nuovo Piano strutturale, il sindaco, gli assessori ed il gruppo di lavoro composto da architetti, urbanisti, economisti hanno avuto modo di incontrare più volte i cittadini, le associazioni, le categorie economiche, le organizzazioni sindacali, in un programma di consultazioni tese a realizzare un processo di partecipazione, confrontare i diversi punti di vista, apportare modifiche. Per tre volte l’amministrazione ha organizzato incontri pubblici con l’architetto Rogers: al Teatro Studio, (novembre 2001) in un convegno insieme agli architetti Giancarlo Paba e Gianfranco Gorelli, incaricati di redigere il Piano Strutturale; nel giugno 2002, in un Consiglio Comunale aperto ai cittadini; nell’ottobre dello stesso anno, durante la settimana della Fiera.
Non solo. Già i programmi elettorali del sindaco, sia nel 1995 che nel 1999, contenevano tutti i passaggi di questo processo di innovazione e cambiamento. La linea politica, anche in quei documenti, veniva espressa con puntuale chiarezza. Scandicci, per avere un futuro attivo in campo economico, sociale e culturale, doveva ridefinire il proprio profilo. Passare cioè da periferia industriale a città compiuta capace di attrarre nuovi investimenti, pubblici e privati, di generare nuova ricchezza, di definire una propria identità ed una superiore autonomia all’interno della più vasta metropoli fiorentina. Questa impostazione , nella classe politica che i cittadini hanno selezionato, scelto ed investito di così grande responsabilità, non solo è stata legittimata dal decisivo consenso originario, ma si è fondata sulla convinzione di essere capace di interpretare lo spirito più profondo della comunità locale: propensa all’innovazione, coesa nella socialità diffusa, aperta all’incontro con le culture, laboriosa, solidale.
Grande fiducia, quindi, da parte degli amministratori e della classe dirigente locale, in una Scandicci che, come confermano anche i dati della ricerca realizzata la scorsa primavera dall’Istituto Tolomeo, ha dimostrato di possedere e possiede tutti i presupposti, le energie, le risorse, le intelligenze e l’orgoglio per affrontare, condurre e completare il cammino intrapreso.
Tutto facile allora? Certo che no. E non poteva essere altrimenti. Perché è normale che “il nuovo”, quando dalle tavole progettuali diventa “cantiere”, produca discussioni, timori, incertezze, resistenze.
Le novità, da alcuni, sono così mal digerite. Le resistenze ai cambiamenti, a quella modernità che oggi ha le forme della loggia in piazza Matteotti, del nuovo ingresso al Palazzo Comunale, del Parco d’arte contemporanea di Poggio Valicaia; e domani avrà quelle del centro dell’architetto Rogers che sorgerà attorno alla tranvia, in alcuni suscitano ostilità. I cittadini non mancano di avanzare critiche, suggerimenti, contestazioni di merito. Una parte della città sembra non accettare questa trasformazione.
“E’ un bene che questo accada”, dice convinto il Sindaco, “perché è proprio quando una comunità partecipa attivamente alla costruzione del proprio futuro che la democrazia si afferma nella sua sostanza più genuina”. Eppoi, aggiunge, non era Cambiare insieme la nostra città che cambia lo slogan che sin dall’inizio ha accompagnato questo processo di trasformazione?”
Insomma, questa reazione sembra non cogliere di sorpresa il sindaco. Non la sopravvaluta, ma neppure ne minimizza i termini. Anzi. “Non potrebbe essere diversamente”, dice. Perché gli umori e le voci della città sono sempre importanti e vanno ascoltati e capiti tutti.
L’ intervento nella ottocentesca Piazza Matteotti non convince. La loggia viene vissuta come un corpo estraneo.
“Eppure”, dice il Sindaco, “sono anni che se ne parla. Si sono mostrati i progetti. Ne abbiamo discusso con i commercianti, i residenti. Il progetto è frutto di un concorso internazionale, ha passato il vaglio della Soprintendenza”. E soprattutto ha dietro un ragionamento preciso e profondo.
Che Giovanni Doddoli, all’epoca membro della giuria che selezionò i progetti, spiega. Dopo il trasferimento del Comune nel nuovo palazzo, quello spazio si era degradato ed aveva negli anni perduto la sua connotazione originaria, di spazio pubblico per eccellenza, la piazza del Comune appunto, e la sua funzione sociale prevalente, quella dell’incontro. L’intervento quindi è stato pensato per restituire alla piazza nuova dignità estetica, nuova vita sociale e commerciale, ritrovato peso specifico all’interno di quello che sarà il futuro asse urbano che da Piazzale della Resistenza si attesterà proprio in Piazza Matteotti. Dal centro della piazza è stato spostato il monumento ai caduti, per liberare lo spazio ma anche per risolvere una stridente contraddizione di quel “simbolo guerriero” con le sensibilità di oggi, orientate alla pace, contro le guerre. Poi la loggia, un segno d’architettura leggero, ricerca di nuovi rapporti tra pieno e vuoto, capace di segnare lo spazio, restituirlo a luogo senza chiuderlo, senza erigere muri. In sostanza, confronto tra un mondo globalizzato senza confini, dove il dentro ed il fuori sono una relazione facile che si contrappone alla dimensione chiusa degli stati con i propri confini che segnano diversità non sormontabili.
“Il risultato può non piacere”, continua il sindaco, “ma è riduttiva e semplicistica la contestazione che si limitata e sembra esaurirsi alla domanda: a che serve quella “loggia?”
Già, a che serve. E’ la stessa domanda che viene posta anche per il nuovo ingresso del Palazzo Comunale. Le critiche si concentrano sulla “utilità della funzione”, e viene trascurato invece il tema del linguaggio architettonico: di come l’architettura contemporanea può interpretare lo spazio nel proprio tempo.



Quindi, a che servono quei tre archi colorati?
“A restituire dignità e centralità all’edificio che rappresenta la città tutta” , dice il sindaco. “Primo, perché non era davvero più possibile continuare ad entrare dalla porta di servizio. Secondo, perchè il progetto va visto nella sua definitiva completezza, con la nuova piazza lì davanti: ma soprattutto legato e dialogante con l’intervento dell’architetto Rogers”.
Altro punto, questo del nuovo centro civico, verso il quale non mancano i tentativi di sollevare protesta ed opposizione. Di organizzare il dissenso. Qualcuno, non sappiamo chi perché lo ha fatto in forma anonima, ha addirittura iniziato a far circolare una petizione per raccogliere firme. Per altro, sembra al momento, con scarsisssimo successo: dieci in una settimana.
“Lo so”, dice il sindaco. “Il timore è, come scrivono a carattere maiuscolo, di vedere la tranquillità serale e notturna andarsene definitivamente. E’ un punto di vista che non condivido. Ingessare la nostra città, accontentarsi del solito tran tran, bloccare le spinte al cambiamento, significherebbe la rinuncia a qualsiasi prospettiva di sviluppo, nuova economia, nuova vita, nuove abitazioni per le generazioni future. Magari anche per i figli di coloro che sostengono questa posizione conservatrice. Va da se, poi, che il nuovo non è per definizione né migliore né peggiore del vecchio. L’importante sarà costruire una città equilibrata, funzionale, compatibile con le esigenze di chi la abita e dovrà abitare. E, dico io, anche una città che sia bella, dove sia gradevole passeggiare ed incontrarsi. A chi teme di veder sconvolte le proprie abitudini dico di non chiudersi a riccio in maniera preconcetta. Ma di essere protagonisti, con la loro partecipazione critica e non con la loro opposizione prevenuta, di questo cambiamento”.

(Claudio Armini)


Piazza Matteotti
Il progetto, firmato dal giovane architetto livornese Sandro Bonannini, nel dicembre 2000 vinse il concorso “Scandicci, una piazza per le idee” che si svolse completamente via internet. Furono previste tre categorie di partecipazione: la prima per i professionisti, la seconda per gli studenti, la terza aperta agli artisti ed operatori della cultura. In tutto arrivarono cinquantaquattro progetti.
La Commissione tecnica del concorso era composta da Sergio Staino (Presidente dell'Istituzione Cultura del Comune di Scandicci), dall’architetto Temistocle Antoniatis (operatore di moda della Gucci SpA) e dall’architetto Marco Brizzi, responsabile tecnico della gestione online del concorso. La Commissione Giudicatrice era invece formata dall’architetto Raffaella Saraconi (rappresentante dell'Ordine Nazionale degli Architetti), dall’ingegner Francesco Vacca (rappresentante dell'Ordine Nazionale degli Ingegneri), dal Sindaco di Scandicci Giovanni Doddoli, dall’architetto Andrea Martellacci (dirigente dell’Area parchi e verde pubblico del Comune di Scandicci), da Mario Lolli Ghetti (Sovrintendente per i Beni Culturali ed Architettonici del Comune di Firenze) e da Gianni Pettena (docente di storia dell'architettura contemporanea dell'Università degli Studi di Firenze).
Successivamente la Sovrintendenza dispose alcune modifiche al progetto originario. L’attuale sistemazione della piazza è il risultato di quelle osservazioni. La nuova sistemazione, che gode del consenso dei commercianti della piazza, viene contestata da un gruppo di cittadini che chiedono la modifica dell’intervento. Chi vorrebbe abbattere la loggia, chi sostituirla con fontane, altri sono preoccupati dalla sistemazione dei parcheggi, previsti a raso, e ne chiedono la trasformazione a lisca di pesce. Piazza Matteotti dovrebbe essere inaugurata il prossimo 7 dicembre.

Area Palazzo Comunale
Il lavori di ristrutturazione dell’ingresso al Palazzo, progetto e realizzazione Consilium srl di Firenze e Politecnica di Modena, sono iniziati nello scorso mese di gennaio e dovrebbero essere ultimati entro la fine del mese di dicembre. Si accederà al Comune da via Pantin attraverso tre archi – giallo, blu e rosso, i colori fondamentali dalla cui combinazione nascono tutti gli altri- una pensilina in acciaio e vetro ed una fontana con giochi di luce. L’intervento si armonizza con il progetto della nuova piazza che sorgerà al posto dell’attuale spazio compreso tra la Cassa di Risparmio e via Ponte di Formicola, includendo il tratto di via Pantin antistante il Palazzo Comunale con conseguente ripavimentazione e pedonalizzazione. Il riassetto dell’intera area è inoltre coerente con il progetto di nuovo centro civico disegnato dall’architetto Rogers. Alcuni definiscono la scelta cromatica per le tre porte, e per il palazzo che sorge di fronte, “un pugno nello stomaco”.