MIGRANTI
Popoli che vengono e che vanno, come quelli che trenta anni fa fecero balzare Scandicci da 14 a 50 mila abitanti. Allora provenivano da altri paesi e città d’Italia. Oggi partono da altri continenti per cercare qui un futuro decoroso. Alcuni delinquono. I più lavorano e spesso in condizioni prossime alla “schiavitù”. La globalizzazione è anche questo, un mondo senza frontiere per gli uomini e le donne e non solo per le merci ed il denaro. Scandicci, che si appresta a riscrivere il proprio Statuto Comunale, una sorta di Carta Costituzionale locale, propone per i nuovi migranti di oggi una politica dei diritti e delle libertà che, nel rispetto delle leggi e delle regole, favorisca la loro integrazione in armonia con la comunità locale. Con una comunicazione del Sindaco ed un ampio ed approfondito dibattito l’argomento -dopo essere finito sulla stampa alla metà del mese scorso - è stato al centro dei lavori del Consiglio Comunale del 31 ottobre. Sullo sfondo il Rapporto 2000 dell’Ufficio Immigrati ed i dati su regolari e clandestini.




Immagini da un blitz notturno alla ex Sims
(Fotocronache)
Disponibili a discutere con la comunità islamica se questa avanzasse la richiesta di costruire una moschea a Scandicci.
Determinati a riscrivere lo Statuto Comunale guardando agli scenari nuovi determinati dalla globalizzazione e dai fenomeni migratori che ne conseguono. Questi due temi, dopo essere stati all’attenzione della stampa, sono stati discussi dal Consiglio Comunale. Punto di partenza una comunicazione del Sindaco. Ne abbiamo parlato con Giovanni Doddoli per spiegare ai lettori il suo pensiero.

Signor Sindaco, partiamo dalla “moschea”. Una provocazione, o una contrapposizione politica a chi, parte della chiesa cattolica e partiti come la Lega, teme un processo di “islamizzazione” dell’Italia?
Nessuna provocazione. La nostra Costituzione afferma il diritto della libertà di culto, e questa noi dobbiamo garantire a tutti. E la Commissione affari costituzionale della Camera ha approvato alla fine di ottobre il disegno di legge che allarga la libertà di religione e rende più facile edificare luoghi di culto. Come vedete, in quella affermazione non c’era e non c’è nessun intento di fare facile demagogia o strumentalizzare a fini di parte un tema di carattere religioso. Ma solo la volontà di affermare con forza il riconoscimento a tanti immigrati di poter professare una religione diversa dalla nostra quando oggi sono invece costretti a pregare in una sorta di “clandestinità culturale” che niente ha a che fare con carte e permessi ma ha molto a che vedere con la negazione di un sacrosanto diritto. Se la comunità islamica -ed in Toscana sono 27.000 i cittadini di fede musulmana, il 34% degli stranieri che vivono nella nostra regione- intende avere un proprio edificio per il culto che abbia la necessaria e doverosa dignità, sappia che Scandicci è disponibile ad ospitarlo. E dico questo da laico.

Alcuni autorevoli rappresentanti della gerarchia ecclesiastica e del mondo cattolico hanno obiettato che in molti paesi islamici ai cattolici non è consentita quella libertà di religione che si vorrebbe riconoscere qui per i musulmani. Le sembra una osservazione sufficiente?
E’ il principio della reciprocità tanto caro alla Chiesa e che ritengo assolutamente rispettabile. Ma lo Stato, e noi siamo un pezzo dello Stato, deve comportarsi diversamente. Se poi i Governi ed i Ministri degli Esteri intendono aprire trattative diplomatiche con quei paesi dove i nostri cittadini hanno negato questo diritto da noi sancito è altra questione.

Lei e la sua Giunta hanno riportato tutta la discussione all’attenzione del Consiglio Comunale perché nel nuovo testo dello Statuto siano compresi precisi passaggi sui diritti e le libertà anche degli immigrati.
Si, il Consiglio Comunale è il livello istituzionale che deve non solo esprimersi, in un confronto che tutti vogliamo sereno ma allo stesso tempo chiaro e fuori da ogni ambiguità, ma assumere anche il compito vorrei dire “storico” di essere soggetto protagonista della stesura del nuovo Statuto Comunale, la nostra Carta dei diritti e dei doveri, la nostra “Costituzione locale” che ci apprestiamo a rimodernare, riscrivere, completare alla luce delle nuove leggi ma soprattutto degli scenari sociali, economici e culturali del nuovo millennio. Oggi rimettere a fuoco le lenti con le quali guardare il mondo significa puntare il nostro cannocchiale su quella che -con termine abusato ma da tutti riconoscibile- è la globalizzazione, e sulle conseguenze -anche epocali- che questa produce per le economie, le convivenze, le culture, le società e le istituzioni che devono ridefinirsi assumendo una nuova e più avanzata frontiera dei diritti civili e delle libertà individuali e collettive. Perché globalizzazione non significa soltanto circolazione senza frontiere di merci, denaro e ricchezza, ma anche inarrestabile e sempre più eclatante flusso di migrazioni di popoli dall’ est all’ ovest, dal sud al nord del mondo.

In un primo momento si è sentito anche parlare di una “carta di cittadinanza” per tutti gli stranieri non comunitari, clandestini compresi.
Di questo si tratta. Non di sostituirci a nessuno, non di rilasciare surrogati di permessi di soggiorno o di carte di identità: non lo possiamo fare, non avrebbero alcun valore, e comunque non è questo che intendiamo fare, né “Carta dell’Accoglienza o dell’Amicizia” può essere con faciloneria -o furbizia- scambiata per Carta di Identità! Piuttosto, nel rispetto delle molte leggi che ci sono -e aprendo anche la discussione per modificarle quando ci sembrano insufficienti o superate- vorremmo assumerci da protagonisti il compito ed il ruolo di fissare principi e diritti per tutti, i principi ed i diritti che regolano -per tutti coloro che la compongono, ne fanno parte, e la sostengono- la vita della nostra comunità locale. E i censimenti segreti francamente non bastano più, se non per riempire le cronache di ogni giorno. Nessuno sconto invece per chi vìola la legge ed esce dalle regole. Ma per tutti la pari dignità, le stesse possibilità, le stesse opportunità di essere soggetti attivi e partecipi. Princìpi, certo. Per applicare i quali dovremo trovare poi gli strumenti più adatti ed opportuni, forse un elenco di “prenotazioni” per la successiva regolarizzazione, oppure meglio ancora quel tavolo locale con le altre Autorità dello Stato, che Raspollini suggerisce, per discutere di flussi, quindi di numeri, a partire dalle esigenze reali dei territori e non solo stabiliti dalle “tollerabilità nazionali”.

Ma la clandestinità è illegale, e nell’umore della società una delle paure più diffuse.
Intanto la clandestinità -come ci ha ricordato il Prefetto Serra- non è un reato. E poi non è solo un fatto amministrativo o burocratico, ma direi soprattutto una condizione sociale ed esistenziale, una conseguenza dettata da una società che si irrigidisce, che non aiuta ad incontrarsi, che si rende impermeabile, vuoi per timore di perdita di identità che per resistenze più primitive proprie di un branco che respinge i nuovi arrivati. Con irrazionale automatismo scatta l’equivalenza immigrato-clandestino, ed ancor più spesso quella clandestino-delinquente. Se è un uomo, la certezza è di aver davanti un ladro o uno spacciatore. Se è una donna, non può che essere una prostituta. Mai che venga in mente che di fronte a noi possa esserci invece un muratore, un operaio, un manovale, un bracciante, un fornaio, un pizzaiolo, una donna che accudisce i nostri vecchi, una domestica, una infermiera, una dottoressa.Ed a chi, se non a noi amministratori, alle forze politiche, all’associazionismo, agli intellettuali, alle organizzazioni del lavoro e dell’impresa, a tutti coloro che costituiscono il collante e l’ossatura della società, spetta il compito di creare nuove condizioni che favoriscano l’assimilazione a quelle differenze e diversità che già sono tra noi e che sono, sotto tutti i punti di vista, elemento di arricchimento culturale, economico e sociale?

Quindi, pur dentro le leggi nazionali, c’è un ruolo preciso che le amministrazioni locali e le città possono svolgere?
Nessuno può chiederci di “fare lo struzzo”. Seppure dentro una evidente contraddizione -perché il clandestino non dovrebbe farsi identificare ma appunto, “vivere in clandestinità”- la rete di servizi attivati, quelli pubblici e le Associazioni di volontariato, ci consente di stimare in non meno di 227 i clandestini oggi a Scandicci, di cui 53 lavorerebbero abbastanza stabilmente sul nostro territorio. Certo non sfugge che anche tante imprese, le più marginali si avvalgono del lavoro nero o sottopagato, ma anche qui, per rompere questo circuito vizioso occorre intervenire con coraggio, anche se per noi si trattasse di risolvere 10 - 20 casi all’anno! Sono le sfide vere che alzano il tono del confronto di idee, combattono le pigrizie intellettuali e danno alla politica l’unico vero senso di modernità: veicolo di consapevole crescita collettiva! (Cl.Ar.)

Ufficio Immigrati
il rapporto 2000

L’Ufficio Immigrati preso d’assalto. 700 contatti nei primi dieci mesi del 2000. Nello stesso periodo dello scorso anno furono 415. Di tanto è incrementato il lavoro. Il 31% si è rivolto all’ufficio per pratiche di ricongiungimento familiare , il 18% per le regolarizzazioni, il 15% per il rinnovo del permesso di soggiorno. E proprio sulla scia dei ricongiungimenti molte anche le richieste di informazioni che hanno riguardato la scuola. Molto gettonata la voce legata al lavoro, sia per cambiarlo che per trovarne uno. Racconta Roberto Menichetti, direttore dell’Ufficio Immigrati: “da quando è attivo lo sportello infolavoro dell’Informagiovani (che condivide con l’Ufficio Immigrati la sede, ndr.) questa sinergia ha permesso l’inserimento di molta manodopera -soprattutto maschile- all’interno di ditte ed aziende”.
E prosegue, “ma l’impiego per le donne è più problematico ed il più delle volte si limita al campo della collaborazione domestica”. Di una certa consistenza anche le richieste di consulenza legale da collegarsi quasi sempre a problemi inerenti il permesso di soggiorno. Confermata la tendenza degli anni passati, per la quale il 49% delle persone che si sono rivolte all’Ufficio Immigrati sono state italiani che hanno richiesto informazioni per amici o conoscenti. Tra gli stranieri che hanno avuto un contatto diretto il 18% sono di nazionalità albanese, il 12% marocchina, il 4% romena e cinese. Nelle scuole cresce un popolo nuovo. Il 3,2% nei nidi, il 3,1% nelle materne, il 3% nelle elementari, il 3,2% nelle medie. Queste le percentuali di bambini stranieri non comunitari presenti nelle scuole di Scandicci per l’anno scolastico 2000/2001. Indici di molto superiori solo a quelli di due anni fa, quando ai nidi si registravano il 2,8%, alle materne l’1,9%, alle elementari il 2,1% ed alle medie appena l’1,4%. Calcolando la media delle presenze per i vari livelli si è passati dall’1,9% del ‘98 al 3% del 2000. In numeri assoluti i bambini stranieri che frequentano le scuole di Scandicci sono 130. 9 vanno al nido, 34 alla materna, 50 alle elementari, 36 alle medie. La nazionalità più rappresentata è quella albanese (40), seguita dalla marocchina (20), cinese (11), egiziana (9). Ma ci sono altri 38 bambini che pur risiedendo a Scandicci frequentano le scuole in altri comuni. Clandestini e irregolari quasi tutti lavorano. Molti confondono i due termini e li usano alternativamente per indicare chi è nel nostro paese in forma illegale. Ma essere clandestini o irregolari corrisponde ad uno status molto diverso. E’ per esempio irregolare chi ha comunque varcato una frontiera regolarmente con un visto per turismo (valido per soli tre mesi) ma ha prolungato la sua permanenza oltre la scadenza del visto stesso. Irregolare è anche un lavoratore che è rimasto in Italia per più anni regolarmente con un permesso di lavoro ma che al momento del rinnovo ha dovuto assentarsi dal nostro paese per più di due mesi, situazione che gli nega completamente un rinnovo facile e lo costringe a recuperare la sua pratica ricominciando da zero: cioè con una chiamata nominativa da un datore di lavoro nell’ambito delle quote dei flussi. Il clandestino è invece colui che è entrato in Italia eludendo i controlli di frontiera. La maggioranza di questi sono oggi di nazionalità albanese e romena. All’Ufficio Immigrati quest’anno, tra irregolari e clandestini, si sono presentate 86 persone. 53 risultano lavorare regolarmente. Delle 33 che non lavorano 13 sono donne sposate , con un marito (italiano o straniero) che invece un lavoro lo ha ma che comunque vorrebbero trovare un impiego per pulizie domestiche o per assistenza ad anziani. Ma ci sono anche 3 donne completamente sole, 6 minori che hanno qui parenti regolari che però non intendono prenderli in affidamento. Poi 2 famiglie appena sbarcate sulle coste pugliesi ed arrivate fin qui perché ospiti di famiglie regolari. Infine gli uomini: 9, quasi tutti albanesi anche loro sbarcati da poco tempo, qualcuno con una detenzione alle spalle. Ben più corposo il numero del “censimento 2000” in mano all’Arca di San Zanobi, il centro di prima accoglienza di Via Roma. 227 i nuovi arrivi di quest’anno, di cui solo 28 regolari. I clandestini, 199, però lavorano tutti: 21 saltuariamente in lavori stagionali, gli altri 178 con continuità. Tra regolari, irregolari e clandestini la stima è che a Scandicci vivano e lavorino circa 900 cittadini stranieri. (Cl.Ar.)

Le voci del Consiglio
Che i processi dell’immigrazione verso l’Italia e gli altri stati occidentali siano irreversibili, che la politica anche locale debba essere in grado di governare una nuova fase storica è stato riconosciuto sostanzialmente da tutte le forze politiche durante il dibattito consiliare nella seduta del 31 ottobre. Una discussione dai toni accesi, con scambi polemici anche duri tra gli schieramenti della maggioranza di centro sinistra e l’opposizione di centro destra che non hanno tuttavia impedito l’emergere di posizioni trasversali. Visioni completamente differenti su natura, cause ed effetti dell’immigrazione si sono registrate tra i diversi consiglieri del centro destra. Da una parte Piero Betti di Forza Italia ha applaudito alla relazione del Sindaco, dall’altra Stefano Dorigo di Alleanza Nazionale ha parlato di “Delirio di grandezza” da parte dell’amministrazione comunale scandiccese. “Il processo migratorio evidenziato dal Sindaco - ha detto Betti - non può fermarlo nessuno, è naturale, è giusto affrontarlo anche se sarebbe più facile per gli amministratori far finta di niente.
L’iniziativa della Giunta da una risposta non soltanto agli immigrati, ma soprattutto alla Costituzione che riconosce ad esempio il diritto alla libertà di culto. L’invito che rivolgo al Sindaco è di andare avanti con la politica tracciata nella sua relazione”. Secondo Dorigo invece la disponibilità ad ospitare una Moschea sul territorio comunale metterebbe in pericolo la storia e la cultura locale. “L’iniziativa - ha spiegato - oltreché propagandistica è anche pericolosa. La cultura islamica ha infatti nel proprio Dna l’annientamento fisico dell’avversario, chi appartiene a quella religione invoca la guerra santa; il Libano, ad esempio, prima che stati confinanti con quel paese finanziassero le minoranze islamiche, aveva una tradizione di floridità, poi annientata”. Diverse ancora le posizioni degli altri due consiglieri di An, Giovanni Bellosi e Erica Franchi. Bellosi ha dichiarato che riguardo alla Moschea non c’è niente da discutere “dal momento che la libertà di culto è un diritto riconosciuto dalla Costituzione; mi stupisco anzi che la disponibilità data dall’Amministrazione ad ospitare un edificio di culto abbia fatto notizia. Sulle politiche per l’immigrazione invece non è più possibile pensare di conservare l’identità nazionale bloccando popoli che arrivano da fuori; compito delle istituzioni è quello di aiutare i cittadini a capire che le diversità rappresentano una risorsa, ma al tempo stesso quello di tutelare la sicurezza degli italiani. Reputo che la legge nazionale sia inadeguata all’entità del fenomeno, e quindi riconosco al Sindaco di aver aperto una discussione, anche se in maniera forse troppo provocatoria”. “La società multietnica è nella storia - ha detto invece Erica Franchi - non nel Dna della sinistra, che strumentalizza il fenomeno. Chi non ne accetta la complessità sta fuori dalla storia, e chi non sta nella storia non può fare politica. Non accetto invece il merito e alcune proposte della Giunta. Mi risulta ad esempio che il Coreco ha definito illegittima l’istituzione del consigliere aggiunto; a noi piacerebbe che gli immigrati sedessero in questo consiglio, ma eletti con gli stessi percorsi di tutti gli altri. Siamo anche d’accordo con l’ufficio immigrati, guai se non ci fosse in una città di 50 mila abitanti, però non deve coprire i clandestini come accade da altre parti. Infine sui diritti; abbiamo parlato di vietare l’accesso ai nostri musei agli americani per la pena di morte che vige nel loro paese, perché si tace sulle responsabilità dei paesi islamici sui diritti civili?”. La risposta sul consigliere aggiunto è venuta da Simone Naldoni dei Democratici di Sinistra, che ha ricordato quanto previsto dal testo unico del decreto ministeriale per gli enti locali. Naldoni ha tacciato di miopia politica chi non pone l’immigrazione al centro delle politiche delle amministrazioni. “Dobbiamo governare il fenomeno - ha spiegato - non possiamo dimenticare che c’è un’orda di disperati che preme alle porte dell’occidente ricco, molti di loro scappano da regimi che li opprimono”. Sempre per i Democratici di Sinistra Livio Vitali - attivo in iniziative rivolte proprio alle comunità straniere - ha espresso apprezzamento “perché finalmente si pone il problema dell’integrazione facendo un passo avanti rispetto alla semplice accoglienza. Integrazione anche per andare verso una pacifica convivenza con gli stranieri che vengono qui a lavorare, e anche la Moschea può essere un punto di riferimento per le loro vite. Il ruolo dell’amministrazione può diventare anche quello di tramite tra gli immigrati e le questure”. Per Rifondazione Comunista è intervenuto Francesco Mencaraglia, che ha approvato quanto sostenuto da Doddoli e che ha dato la propria disponibilità ad appoggiare gli intenti della Giunta, nonostante una sua perplessità iniziale dovuta alle posizioni dell’amministrazione comunale riportate dalla stampa nelle settimane precedenti.
Secondo il suo partito, infatti, tali posizioni “avrebbero potuto essere soltanto una provocazione priva di fondamento e di sensibilità vera nei confronti del fenomeno”; da Rifondazione Comunista è stato poi presentato un ordine del giorno che impegnerebbe il consiglio a dare mandato al sindaco per ripensare un’ordinanza del 1973, contraria all’istituzione dei campi nomadi sul territorio comunale; il primo cittadino ha però risposto di non essere d’accordo riguardo a quest’ultima proposta, e che secondo il suo punto di vista non sarebbe quella la strada giusta per garantire diritti di cittadinanza ai Rom. Nel corso del dibattito hanno espresso apprezzamento per la posizione della Giunta Ilio Trapassi dei Democratici, Giuseppe Punturiero di Rinnovamento Italiano, Raffaello Brogi dei Democratici di Sinistra e Pasquale Porfido, presidente del Consiglio Comunale. Critici Alessandro La Rosa, nuovo capogruppo di Forza Italia, Luigi Baldini e Paolo Papi del Ccd. Matteo Gucci
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Promemoria per una politica locale dell’immigrazione

Non solo la volontà di inserire nello Statuto Comunale alcuni principi che riguardano il riconoscimento dei diritti e delle libertà per tutti coloro che vivono e lavorano a Scandicci . Ma anche proposte di politica locale per l’immigrazione. Le ha avanzate l’assessore alla politiche sociali Claudio Raspollini, consegnandole alla riflessione del Consiglio Comunale, e ricordando che alcune di queste, come quelle riguardanti la casa e la politica impositiva, potrebbero riguardare non solo gli immigrati ma anche le fasce di popolazione più debole.
In sintesi ecco di cosa si tratta.
L’indicazione che i permessi di soggiorno possano essere rilasciati dagli enti locali perché l’immigrazione non può essere gestita come problema di ordine pubblico. L’istituzione di un tavolo di concertazione tra Amministrazione Comunale, sindacati, associazioni di categoria, del volontariato ed ASL per attività di monitoraggio, informazione e confronto sui diversi aspetti che riguardano la presenza degli stranieri (istruzione, salute, lavoro, tempo libero, cultura, religione, etc.). La redazione di una carta dei principi che, in ottemperanza alla legislazione vigente, costituisca un supporto per l’esercizio da parte di tutti i cittadini stranieri residenti dei diritti di partecipazione, accesso, informazione. L’istituzione di un registro in cui le persone non in regola con le disposizioni sull’impiego e sul soggiorno che comunque lavorano a Scandicci vengono iscritte su loro richiesta e documentazione al fine di poter richiedere con questa iscrizione, precedenza nella pratica di regolarizzazione. Il potenziamento, su sede locale, dei centri di accoglienza gestiti dalle associazioni Onlus, nei quali poter permanere per un anno in modo da poter trovare casa e lavoro. In caso contrario scatterebbe il rimpatrio. Istituzione di una rete telematica tra tutte le associazioni dell’Area Metropolitana e degli Enti locali per ottimizzare interventi e risorse. Istituzione di un consultorio ed ambulatorio per le donne immigrate. Potenziamento delle agenzie casa, come quella già esistente a Scandicci, Maison sans frontiere, gestite da associazioni Onlus in collaborazione con sindacati ed associazioni di categoria e degli imprenditori, per garantire nei confronti dei proprietari il pagamento degli affitti. Aumento dell’ICI e nuova aliquota IRPEF per coloro che tengono gli appartamenti sfitti, mentre totale sgravio dell’ICI per chi affitta tramite le agenzie casa. Infine, visto che la III sezione penale della Cassazione ha sancito che assumere clandestini non configura più reato di favoreggiamento, richiesta alle ditte che impiegano manodopera clandestina di un impegno scritto ad assumere e regolarizzare queste persone. (Cl.Ar)